Il ritmo del tempo

by Romina Rubino

ABSTRACT:

Il tema del tempo ha attraversato come un filo rosso tutta la storia della conoscenza umana, continuando ad affascinare i pensatori di ogni epoca e ambito di studio. Dalla Filosofia alla Fisica, dalle Neuroscienze alla Psicoanalisi: chiunque si sia incuriosito della struttura dell’Universo e dell’essere umano ha incontrato ed è rimasto affascinato dai rintocchi del tempo.

Alla domanda: “Cos’è il tempo?” non credo esista un’unica risposta.
In linea con le ultime scoperte della Fisica quantistica infatti, credo che possa avere più senso pensare al tempo più che come una dimensione assoluta, come il prodotto di una serie di tempi: il ritmo di una musica che è il risultato del ritmo di strumenti diversi che si muovono in modi differenti eppure tutti sincronizzati, componendo un’unica sinfonia che è il tempo percepito da ciascun Io-Soggetto.

Il fisico Carlo Rovelli a proposito del tempo racconta come “Non solo non esiste un tempo comune a diversi luoghi, ma non esiste neppure un tempo unico in un singolo luogo. Una durata può solo essere associata a un movimento di qualcosa, a un percorso dato. Il “tempo proprio” non dipende solo da dove si è, dalla vicinanza o meno di masse, dipende anche dalla velocità a cui ci muoviamo.”

A partire dall’idea di Minolli per cui ogni Io-Soggetto è il risultato unico ed irripetibile di un intreccio tridimensionale di genetica, ambiente e cultura, vorrei esplorare il tempo come quarta dimensione che contribuisce e partecipa, insieme alle altre, alla configurazione di ciascun Io-Soggetto. In questa ipotesi, la dimensione temporale diventa uno degli elementi fondanti la configurazione, attraversando tutte le altre variabili: genetica, ambiente e cultura si muovono con un tempo proprio che influenza la configurazione dell’Io-Soggetto e ogni Io-Soggetto si sintonizza su quel ritmo a partire dalla propria configurazione.

In questo senso esistono forse tanti Tempi quanti Io-Soggetto nella storia dell’umanità e credo che come terapeuti siamo chiamati a sostenere il paziente nel poter cogliere all’interno della propria configurazione anche la dimensione temporale. Per poter partecipare alla danza terapeutica sintonizzandoci sul ritmo unico ed irripetible specifico di ogni terapia, credo sia importante poter riflettere su quali sono le dimensioni che contribuiscono a scandire quel ritmo.

In questo lavoro, attraverso la condivisione della mia esperienza personale e clinica, vorrei approfondire le mie riflessioni sugli aspetti principali che compongono la trama del tempo in una caleidoscopica esplorazione di come questa dimensione si può esprimere a livello genetico, ambientale e culturale imprimendo la sua particolare traccia nell’impronta digitale che è la configurazione dell’Io-Soggetto. 

Premessa 

Una cosa è il tempo con le sue molte determinazioni, 

altra è il semplice fatto che le cose non «sono»: accadono. 

Carlo Rovelli
in “L’ordine del tempo”

Prima di presentare il mio lavoro vorrei fare una premessa che ha a che fare con l’estrema fatica che incontriamo ogni volta che proviamo a riflettere sul tempo, o almeno con la fatica che ho incontrato io.

Mentre mi interrogavo sul tempo alla ricerca di risposte sulla sua natura, mi sono accorta che le domande cambiavano continuamente, in uno scenario paradossale in cui ogni volta che tentavo di fermare il tempo su questo foglio, mi rendevo conto che era già cambiato tutto e dovevo ricominciare daccapo. 

Ho scritto e riscritto questo mio lavoro numerose volte senza che possa ancora considerare di avere una versione definititiva, a cui ormai ho rinunciato. E penso che proprio qui risieda la fatica di occuparsi del tempo, cioè nella profonda trasfomazione di approccio a cui questo tema ci chiama: appena pensiamo di averlo catturato con una fotografia, il suo fluire trasforma di nuovo lo scenario, invitandoci a muoverci insieme a lui.

“Si tratta di tenere conto del fatto che un sistema, funzionando, si trasforma e che trasformandosi si modifica. Non si tratta di riflessività o di retroattività cibernetica (feedback), ma di considerare che ogni affermazione sull’essere umano si trasforma e non è quindi più la stessa nello stesso momento in cui viene affermata.” (Minolli)

E allora, quello che tenterò di fare nelle prossime pagine non è tanto di mostrarvi una fotografia del tempo, quanto un invito ad unirvi a me nel metterci in ascolto del suo ritmo.

Ma che significa cogliere il flusso del tempo? E perchè è così faticoso? 

Cogliere l’essenza del tempo per me significa avventurarsi lontano dal porto sicuro delle idee assolute e universali e procedere con un pensiero che si avvicina di più al misticismo orientale che, nelle parole di Lama Govinda, “consiste sopratutto nel girare intorno all’oggetto della contemplazione… un’impressione sfaccettata, cioè pluridimensionale che si forma dalla sovrapposizione di singole impressioni ottenute da punti di vista differenti.”

Il Tempo non esiste

“Per quanto tempo è per sempre?”
chiese Alice

“A volte solo un secondo”
rispose il Coniglio Bianco 

Lewis Carroll

in “Alice nel paese delle Meraviglie”

Un paio di anni fa nel mio giardino di Londra ho piantato -in perfetto stile british– 4 piante di rose. In quel momento mi fu detto che le rose hanno un tempo di assestamento di circa 2 anni da quando vengono piantate. 

Ricordo che mi affascinò scoprire che persino le piante, sistemi complessi eppure molto più semplici di un essere umano, avessero un loro tempo

Per questo nei successivi 2 anni le ho osservate con curiosità mentre si sviluppavano a partire da condizioni simili: stessa età, stesse condizioni metereologiche, stesso terreno.

Ciononostante ogni rosa nel suo processo di sviluppo sembrava seguire un ritmo diverso, il che mi è sembrato ancora più interessante: cioè non solo le piante di rose hanno un loro tempo, ma ogni rosa ha il suo tempo. 

Allora, ho pensato che se le piante hanno un proprio tempo ogni essere umano può avere un proprio ritmo, avere cioè un tempo soggettivo.

In accordo con Minolli, “L’lo-soggetto concreto che ha un nome e un cognome e che, oltre a essere uno, con più parti e in rapporto con l’ambiente, ha un suo particolare processo evolutivo specifico.” e – aggiugo- un suo tempo. 

Già i filosofi dell’antica Grecia avevano distinto almeno 2 parole per parlare del tempo: Chronos, un gigante terribile e potente che divora i propri figli, per indicare lo scorrere dei minuti e quindi la natura quantitativa del tempo. E Kairos, un giovanotto con le ali ai piedi sempre in movimento, per cogliere l’aspetto qualitativo, indeterminato, soggettivo del tempo.

Tentare di acciuffare Kairos, per definizione sempre in fuga, implica rinunciare alla seppur terribile stabilità di Chronos, rappresentante di un tempo assoluto e universale che scorre allo stesso modo per tutti.

Le equazioni della Fisica quantistica descrivono molto bene questo passaggio dove “la singola quantità «tempo» si frantuma in una ragnatela di tempi” e dove la visione monolitica della dimensione tempo si trasforma in uno sguardo caleidoscopico di tempi che evolvono uno rispetto all’altro. Per dirla con Carlo Rovelli: “Il mondo non è come un plotone che avanza al ritmo di un comandante. È una rete di eventi che si influenzano l’un l’altro. Così dipinge il tempo la teoria della relatività generale di Einstein. Le sue equazioni non hanno un tempo, ne hanno innumerevoli.” 

In questo senso il tempo, così come lo avevamo sempre conosciuto non esiste più.

Questo passaggio straordinario, doloroso, sconvolgente da una visione del tempo e del processo dell’io-soggetto come assoluta, lineare, universale, a uno sguardo specifico, irripetibile, soggettivo è stata la mia personale rivoluzione copernicana in ambito clinico. 

Lasciata alle spalle l’idea del tempo come coordinata assoluta e indipendente, si apre lo spazio per una nuona visione in cui “le coordinate spazio e tempo sono soltanto elementi di un linguaggio che viene usato da un osservatore per descrivere il suo ambiente”. M. Sachs 

Quindi ogni Io-soggetto è inserito in uno spazio-tempo specifico con il quale interagisce a partire dalla sua configurazione: ciascuno legge che ora è in modo soggettivo, a partire cioè dal suo orologio, che è un orologio simbolico con il quale misura, percepisce e attraverso cui interagisce con lo spazio-tempo in cui è inserito. 

Un’idea simile si trova nella Psicologia del Tempo, o Orientamento temporale ideata da Phil Zimbardo, che studiando la relazione che ciascuno di noi ha con il tempo, distingue dei Profili temporali che corrispondono ad uno specifico stile emotivo, cognitivo, motivazionale che hanno un impatto tanto sul piano comportamentale quanto sul vissuto esperienziale del soggetto. (Stolarski et. al. 2014; Zimbardo e Boyd, 2008)

Un approccio interessante che, al di là delle categorie, mi sembra apra la strada all’esplorazione della visione soggettiva del tempo di ciascuno di noi.

Potremmo dire che ogni Io-soggetto suona una melodia unica ed irripetibile, come un’orchestra in cui i diversi strumenti si armonizzano per confluire in una sinfonia che è la musica di ciascuno di noi. In questo senso credo che il processo terapeutico consista nel sedersi, insieme al paziente, mettendoci in ascolto profondo di questa sinfonia, assistere cioè, insieme, al suo concerto. 

Ma per poterci immergere nel ritmo della musica di ogni Io-soggetto ed imparare ad apprezzarne insieme a lui tutte le sfumature, credo possa essere utile soffermarsi singolarmente sugli strumenti principali che la compongono che sono: ambiente, genetica e cultura per esplorarne da vicino il ritmo che contribuisce a comporre la dimensione temporale soggettiva.

1. Il tempo dell’Ambiente 

Il tempo viaggia in posti diversi con persone diverse.

Ti dirò con chi il tempo va all’ambio, con chi al trotto,
con chi al galoppo, e con chi sta fermo.

William Shakespeare
in “Come vi piace”, Atto III, Scena II

Il tempo cambia a seconda dei luoghi. L’ho imparato grazie alle sedute online quando cerco di accordarmi con i miei pazienti spesso sparsi per tutto il mondo. Gli scambi avvengono più o meno così:
“Che ora è da te?”
“Ci vediamo alle mie 10.00 che sono le tue 11.00”

Capra, in Il Tao della fisica spiega che “Lo spazio è curvo in misura diversa e il tempo scorre diversamente in punti diversi dell’universo. Siamo quindi giunti a comprendere che le idee di spazio euclideo tridimensionale e di tempo che scorre linearmente sono limitate alla nostra esperienza ordinaria del mondo fisico e devono essere completamente abbandonate quando ampliamo la nostra esperienza.” 

Ma se Chronos si muove diversamente a seconda dei luoghi, che cosa accade a Kairos?
E cioè, che rapporto c’è tra il tempo soggettivo e il tempo del luogo in cui l’Io-soggetto si muove?

Esplorare le possibili risposte a queste domande significa cogliere ad un nuovo livello il senso di quel “che ora è da te?”, dove “da te” può diventare una richiesta di sintonizzarsi sul ritmo soggettivo dell’altro. 

Ma per spiegare meglio cosa intendo quando mi riferisco al tempo dell’ambiente vi accompagno nella metro di Londra nell’ora di punta a fare un’esperienza che ho scoperto essere molto comune anche tra i miei pazienti. Attenzione, perchè ci sarà un po’ di traffico.

Appena arrivata alla mia fermata, scendo e mi infilo spedita nel labirinto tra i corridoii sotterranei e le scale mobili. Un fiume di gente, ordinato e silezioso, scorre veloce accanto a me. Si crea un’atmosfera particolare: ci sono centinaia di persone, nessuno parla, c’è un silenzio etereo e si sente solo un ritmo incalzante creato dai passi svelti della gente che è lì. Mi sento quasi ipnotizzata, catturata da questo ritmo che sembra accelerare sempre più, finchè non mi fermo e mi accorgo che, nonostante non abbia alcun impegno urgente, sto correndo. 

E allora mi sono chiesta: è la città che corre, o sono io che sto correndo dietro alla città? 

All’epoca non capivo ancora il senso di quella domanda che era fiorita spontaneamente dentro di me. Tutto ciò che so è che quel momento mi aveva conficcato nel cuore un “perché?”.

Basta spostarsi in un paesino del sud Italia per vivere un ritmo completamente diverso che si muove sul rintocco lento delle campane della piazza, dove gli anni passano ma tutto sembra ripetersi, nello scandirsi di un tempo sincopato che sembra sempre uguale a se stesso.
Di contro, la percezione diffusa del tempo londinese è di un “tempo accelerato”. D’altronde il tempo a Londra resta il bene più prezioso e se volete vedere un inglese arrabbiarsi provate a fargli perdere tempo, magari stando fermi sul lato sinistro delle scale mobili (perchè quì si corre anche mentre il pavimento sotto di te è già in movimento). 

Insomma, al di là dei fusi orari, mi sembra che anche i luoghi possano avere un ritmo specifico con cui il soggetto interagisce a partire da se stesso e quindi a partire anche dal proprio tempo soggettivo. 

Per questo a volte i luoghi si prestano come situazioni perfette a cui delegare la nostra fatica di trovare il nostro tempo. Come un mio paziente che, esasperato dal ritmo insostenibile per lui di questa città, mi ha raccontato entusiasta, al ritorno dalle ferie, di come sia stato bene in un’isola della Grecia dove “ho finalmente trovato il posto dove c’è il tempo giusto per me”. I motivi per cui non riesca a vivere il ritmo dell’isoletta greca a Londra sono ancora oggetto delle nostre sedute, nel tentativo di cogliere il suo attribuire alla città ciò che, invece, è dentro di sè.

In questo senso “la delega non può essere una soluzione, ma solo un momento del processo del soggetto. Fare i conti con la delega è una possibilità che l’essere umano possiede. Si tratta di una qualità con cui, nel riconoscimento della propria storia e della tendenza a sentirsi esistente, il soggetto può darsi una propria consistenza.” (Minolli)

Quindi, cosa ce ne facciamo dei tempi di una città credo che abbia a che fare sia con la configurazione che con la creatività di ciascuno di noi e che parte del processo terapeutico consista proprio nel cogliere assieme al paziente questi aspetti. Fermarsi e chiedersi, cioè: “Che ora è per  te in questo momento?” 

Penso che come terapeuti, per poterci sintonizzare sul ritmo dell’altro, dobbiamo prima imparare a conoscere il nostro ritmo, esplorare cioè il nostro tempo soggettivo. È solo a partire dalla conoscenza profonda del nostro tempo che possiamo accompagnare l’altro a mettersi in ascolto del suo ritmo.  

2. Il tempo Biologico o Genetico 

«Qual è l’animale che 

di mattina cammina a quattro zampe, 

a mezzogiorno con due 

e alla sera con tre?»

L’enigma della Sfinge

La risposta all’enigma più antico che conosciamo, cioè quello della Sfinge è: l’uomo.
L’essere umano attraversa la vita gattonando incerto, a quattro zampe, quando è piccolo, con passo veloce e deciso, su due gambe, quando è adulto e con un lento incedere, appoggiandosi ad un bastone, quando è anziano.

Le fasi di vita che attraversiamo assomigliano un po’ ad un fiume le cui acque non scorrono mai allo stesso modo lungo tutto il percorso, ma con ritmi differenti a seconda del terreno, della sua pendenza, della stagione e delle condizioni del fondale. 

Così anche l’esistenza dell’essere umano è scandita da ritmi diversi che cambiano a seconda della fase di vita che stiamo attraversando: il tempo di un ventenne non può essere lo stesso tempo di un ottantenne. Ma in che modo il tempo biologico-genetico incide sul tempo soggettivo?  

Eraclito dice che “Nessun uomo entra mai due volte nello stesso fiume, perché il fiume non è mai lo stesso, ed egli non è lo stesso uomo.” 

Allora mi sono chiesta in che rapporto si trovano il divenire di ogni uomo e quello del fiume?

Non solo le stagioni della vita, ma anche gli eventi che possono far parte del processo dell’essere umano come l’innamoramento, la maternità, la malattia (per citarne alcuni) ci pongono di fronte alla possibilità di un cambio di ritmo. Ogni Io-soggetto può riorganizzare il proprio tempo soggettivo anche a partire da questi eventi e dalla fase di vita in cui si trova in una circolarità di trasformazioni temporali reciproche. 

Di fronte alla scoperta di una malattia grave c’è chi rallenta e chi prende la rincorsa per andare ancora più veloce, perchè l’effetto che un determinato evento può avere sul ritmo dell’Io-soggetto è sempre specifico e legato all’unicità di quel soggetto in quel momento.

E quindi più che chiederci che succede ad un uomo quando entra in un fiume, forse ha più senso chiederci cosa accade a quell’uomo che entra in quello specifico fiume. 

Kairos con le ali ai piedi, corre veloce sul confine tra pericolo e opportunità, per questo è spesso annunciato da una crisi, che diventa la possibilità di partecipare ad una nuova creazione che colma lo strappo tra un vecchio ed un nuovo modo di essere, segnando il passaggio ad un ritmo inedito.  

3. Il tempo della Cultura

Cosa misteriosa il tempo: potente e,
quando ci s’intromette, 

pericolosa.


Albus Silente in 

“Harry Potter e il prigioniero di Azkaban”

Anche la cultura ha un suo ritmo. Non a caso diciamo ‘il nostro Tempo” per indicare l’epoca storica in cui viviamo. Il tempo in cui nasciamo dice qualcosa di noi ed inevitabilmente diventa uno degli elementi che dobbiamo tenere in considerazione nel sintonizzarci sul nostro ritmo.

Nel suo libro “La Psicologia dei soldi” Morgan Housel racconta come anche quando parliamo di investimenti economici e decisioni d’affari le nostre scelte sono tutt’altro che razionalmente calcolate, quanto invece, inestricabilmente legate alla nostra storia personale e alla visione del mondo propria di ciascuno. 

Secondo Housel il modo in cui investiamo i nostri soldi è fortemente correlato (tra altri elementi) alla situazione economica del periodo storico in cui siamo cresciuti: così, chi è cresciuto in un periodo di boom del mercato immobiliare avrà una forte tendenza a considerare quell’investimento il più redditizio. 

Se questo è vero per gli investimenti economici, forse la stessa cosa vale per il ritmo del tempo in cui nasciamo e cresciamo. Infatti, a prescindere dalle singole culture, le cui differenze sembrano sempre più sbiadite in un mondo globalizzato, viviamo in un tempo che definirei del Bianconiglio. Un tempo di mitizzazione della velocità, dal ritmo incalzante, al suono di “Presto! che è tardi!”.

A questo, forse, possiamo ascrivere lo spopolare di testi e tecniche che promettono di  “massimizzare il proprio potenziale”. Uno tra tutti il famoso libro dal titolo: “Limitless. Tutto è possibile! Apri la mente, impara velocemente e vivi senza limiti” nel quale l’autore Jim Kwik, brain coach delle celebrità, è uno dei tantissimi che propone strategie pratiche per produrre cambiamenti radicali attraverso l’apprendimento rapido e uno sviluppo veloce di competenze.

Tutto questo avrà forse a che fare con il fatto che molti dei miei giovani pazienti mi raccontano che soffrono perchè si sentono lenti? E quando rispondo chiedendo: “lento rispetto a cosa?” la risposta è fulminea: “ rispetto alla società”. 

Se l’ossessione del nostro Tempo è non sprecare il tempo, la compulsione che l’accompagna è abbuffare il proprio tempo di esperienze. Cioè, per dirlo con le parole dei miei pazienti: “Dottoressa, ho la FOMO!”, acronimo inglese che sta per Fear of Missing Out, ovvero “paura di rimanere escluso” che si esprime attraverso “un pensiero costante che gli altri stiano facendo qualcosa di più interessante di quello che stiamo facendo noi. E che ci stiamo perdendo qualcosa.” (Treccani)

 “Il benessere materiale aumenta, i consumi imperversano, ma la gioia di vivere non segue lo stesso ritmo, l’individuo iper-moderno perde in leggerezza di vivere quello che guadagna in rapidità operativa, in conforto, in allungamento del tempo di vita”. Lipovetsky (2004, p. 119)

Anche l’angoscia diffusa di sprecare tempo, di essere lenti, di perdersi le esperienze però, penso possa acquisire un senso se letta come un passaggio del processo dell’io-soggetto in un costante movimento dialettico tra delega e ritorno a sè. In un viaggio esistenziale a quattro zampe prima, su due gambe poi, appoggiandosi ad un bastone verso la fine in cui ciascuno di noi procede, come può, nel suo flusso tra essere e divenire.

I rintocchi del tempo

L’uomo assomiglia ai suoi tempi 

più di quanto assomigli a suo padre.” 

Guy Bebord 

Credo che gran parte della sofferenza a cui assistiamo nei nostri studi e nelle nostre vite abbia a che fare con il tempo, in particolare con la fatica che caratterizza l’essere umano a stare al passo con il suo fluire. 

Soffrire significa avere profondamente a che fare con la rigidità con cui spesso ci aggrappiamo ad alcune fasi della vita, con l’ostinazione con cui cerchiamo di rimanere attaccati ad un determinato tempo.

Sembra che sia più facile pensare di poter fermare il grande pendolo cosmico che unirsi al suo movimento, forse perchè occuparsi del tempo significa pensare alla morte.

A questo proposito vorrei raccontare una breve storia che parla di un uomo che, rincorso da una tigre, giunge davanti ad un precipizio e vi si cala, aggrappato ad una radice. Mentre la tigre lo fiuta dall’alto, volge il suo sguardo tremante verso il basso dove scorge una seconda tigre pronta a divorarlo. In quel momento l’uomo nota accanto a sè una piccola fragola. Con l’altra mano la coglie e assapora la sua dolcezza.

Sospesi in un dirupo, attanagliati tra il tempo della nostra nascita e quello della nostra morte, abbiamo l’occasione di cogliere il senso più profondo della nostra esistenza. 

È solo quando ci permettiamo di guardare negli occhi le due tigri, toccando il nostro limite ultimo, che è quello del tempo, che possiamo andare oltre le rigidità che pure ci appartengono e imparare a scorrere, per scoprire che l’essere umano non entra nel flusso del divenire ma è quel flusso.

Questo articolo è stato pubblicato negli atti del convegno:
“ANDARE AVANTI” IL TEMPO NEL PROCESSO DELL’ESSERE E DIVENIRE DELL’IO-SOGGETTO

organizzato da SIPRe (Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione)

Bibliografia:

Govinda A. , Logic and Symbol in the Multi-Dimensional Conception of the Universe, in “Many Currents”, XXV (1969), p. 60.

Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Kairos

“Chronos time will eat us alive if we do not constantly keep track of it and try to control it” – https://dobetter.esade.edu/en/time-kronos-kairos

Rovelli C. –  L’ordine del tempo (Opere di Carlo Rovelli Vol. 2)

Sachs M., Space Time and Elementary Interaction in Relativity, in “Psysics Today”, XXII (1969), p. 53 

Capra F., Il Tao della Fisica 

Housel M., La psicologia dei soldi: Lezioni senza tempo sulla ricchezza, l’avidità e la felicità. 

Kwik J., Limitless. Tutto è possibile! Apri la mente, impara velocemente e vivi senza limiti.

https://www.treccani.it/vocabolario/fomo_%28Neologismi%29/

Reps P., Senzaki N., 101 Storie Zen 

Zimbardo P., The time paradox

Michele M., Essere e divenire

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