Il cyberbullismo, o bullismo online, è un attacco profondamente offensivo e ripetuto nel tempo dove chi attacca si nasconde dietro uno schermo e una tastiera. Il luogo dell’aggressione è quindi “la rete”, il web, che data la sua natura, contribuisce a garantire al molestatore una forma di anonimato e e quindi di irreperibilità.
Queste due caratteristiche finiscono per creare un effetto psicologico di abbassamento degli standard morali ed etici cui invece facciamo implicitamente riferimento quando abbiamo un confronto diretto con l’altro.
Il non dover guardare in faccia e negli occhi la vittima rende molto più difficoltoso quel contatto empatico che invece dal vivo ci consente di percepire anche solo per un attimo quello che l’altro sta provando in quel momento.
Il risultato è un crescendo di aggressività e violenza che viene rovesciata a valanga e in massa sulla vittima di turno.
Le conseguenze di questo tipo di fenomeno possono essere devastanti e mostrare i loro effetti distruttivi non solo sulla vittima ma indirettamente anche sull’aggressore.
La realtà virtuale, infatti, crea nelle nostre menti una sorta di dimensione parallela in cui ciò che accade, non potendo collocarsi in uno spazio concreto, finisce in un limbo tra reale e non-reale: ciò che accade all’interno di uno spazio virtuale è come se non accadesse realmente sino in fondo.
Per lo stesso principio giocando ad un videogioco possiamo permetterci di uccidere virtualmente altre persone in quanto l’azione si svolge in una dimensione che è appunto virtuale e quindi non reale.
I social network si fondano però sul paradosso di trovarsi sì in una realtà virtuale, ma i cui attori, lungi dall’essere personaggi inanimati inventati per un videogioco, sono invece persone reali, con emozioni e vissuti! Quindi anche chi nella propria quotidianità non farebbe male ad una mosca può ritrovarsi a sfogare le proprie frustrazioni sul web, vomitando continuamente lamentele e commenti aggressivi rivolti al capro espiatorio di turno.
Qualcosa di simile a quello che accadde tempo fa a Miss Italia e che ho commentato in un precedente articolo.
Le conseguenze peggiori però sono più spesso a carico della vittima. Si tratta in genere di persone giovanissime che ormai partecipano attivamente alle dinamiche del mondo virtuale. Spesso sono adolescenti che stanno già combattendo le proprie battaglie per la formazione di una identità ancora fragile ed incerta.
L’umiliazione pubblica, talvolta nata da una vicenda reale ma altre volte completamente immotivata, è capace di scuotere profondamente le menti e di travolgere come uno tsunami le esistenze di ciascuno. Il dolore che si prova può essere lancinante; la vergogna, la rabbia, la paura possono diventare così forti da rovinare completamente la vita di una persona.
Quando la vittima si trova anche in una fase delicata della vita, come l’adolescenza è, il peso del fenomeno può diventare così insopportabile che qualcuno, pur di sottrarsi a questa inevitabile e ripetuta violenza di gruppo, finisce per pensare o agire un suicidio. [Ho condiviso qualche riflessione sul suicidio qui e degli effetti della notizia di un suicidio qui]
Un toccante discorso di Monica Lewinsky (che trovi qui sottotitolato in italiano) spiega quale possa essere “Il prezzo della vergogna” che paga chi è vittima di fenomeni di cyberbullismo: “La crudeltà verso gli altri non è una novità, ma online la vergogna tecnologica viene amplificata, senza limiti e permanentemente accessibile.”
Se nel mondo reale ci sono confini e quindi anche luoghi reali da cui potersi anche temporaneamente allontanare senza che nessuno sappia il nostro passato, sul web siamo continuamente esposti, sempre raggiungibili, perennemente vulnerabili. Ciascuno di noi può finire nel mirino dei cyberbulli e ciascuno di noi può trasformarsi in un molestatore seriale.
Di un simile linciaggio è stata vittima qualche giorno fa una giovane ragazza, Greta Menchi, la cui unica colpa è stata quella di essere stata convocata come giuria a San Remo… nell’immagine si leggono i commenti, chiaro esempio di cyberbullismo.
Ciò che colpisce davvero è la violenza, la foga, la completa assenza di contenuti razionali e il dominio di un’emotività fuori controllo e pericolosamente in cerca di un bersaglio.
Questo mondo in cui viviamo però è un mondo che ogni giorno contribuiamo a costruire, come l’oceano che in fondo è fatto da tante piccole gocce.
Il contatto con le nostre emozioni e la consapevolezza di cosa stiamo provando momento per momento sono la chiave che ci può aiutare non solo ad esprimere in modo costruttivo i nostri vissuti, ma anche ad empatizzare con la vittima di turno.
Quando ci troviamo di fronte a fenomeni di questo tipo, partecipare attivamente anche solo mostrando solidarietà alla vittima con un semplice commento può essere una piccola grande azione che magari risveglia il senso etico di chi attacca e comunque fa sentire chi è bersaglio della violenza meno solo.
Molto spesso basta poco per cambiare il mondo…
Questo è il link al post pubblico di Greta Menchi per chi volesse lasciare un commento solidale.