Romina Rubino
Psicologa, Psicoterapeuta Psicoanalista italiana a Londra
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Perfezionismo

by Romina Rubino 27/03/2021
written by Romina Rubino

Nessuno è perfetto, per questo la matita ha la gomma!

Quante volte avete rimandato un progetto con la scusa di “aspettare il momento perfetto?”
Vi svelo un segreto: il momento perfetto non esiste! Più aspettate e procrastinate e più state allontanando il vostro sogno.

Non abbiate paura di iniziare. Usate la matita e la gomma come vostre alleate, non come nemici di guerra. Abbozzate il progetto, tirate le prime righe… e capirete solo così quali tenere e quali cancellare. Ridisegnate. Cancellate. E ridisegnate ancora.

Per questo le matite hanno la gomma, ci ricordano che la perfezione può esistere solo disegnando e cancellando fino a quando si raggiunge il risultato che ci si era prefissati.

Questa settimana pensate al vostro progetto nel cassetto e iniziate a lavorarci concretamente. Possiamo discuterne insieme nei commenti, aiutandoci a vicenda. E venerdì appuntamento nelle stories con il resoconto di questa piccola sfida settimanale.

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“Ho toccato il fondo”

by Romina Rubino 27/03/2021
written by Romina Rubino

Uno spunto di riflessione dalla rubrica “Dialoghi della stanza d’analisi”

Sentire di aver toccato toccato il fondo non è sempre un male, può essere un’occasione per darsi la spinta per ripartire, ma solo quando arriva il momento giusto…

Una riflessione fatta insieme ad un paziente quando un giorno mi ha detto…

“Mi sento disperato, ho toccato il fondo e non riesco a risalire. Non importa quanti sforzi io faccia, sarò sempre così, non cambierò mai, la mia vita è un disastro.”

“Non cercherò di tirarti su, non ti spingerò a stare meglio o ad essere positivo a tutti i costi, perché non penso ti servirebbe.”

“Grazie, perché invece sembra quello che vogliono fare tutti. Tirarmi su a tutti i costi. Farmi fare cose per distrarmi ma è tutto un trucco, la verità è che sto male e forse ne ho bisogno.”

“Toccare il fondo è un’occasione e a volte ci serve per darci la spinta e risalire. Con calma, quando lo sentiamo, con i nostri tempi. Tutto quello che farò è sedermi accanto a te sul fondo e stare insieme a te aspettando che arrivi il momento di risalire.”

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I momenti difficili sono opportunità

by Romina Rubino 27/03/2021
written by Romina Rubino

Quando scegli di (o finisci per) vivere a Londra ti aspetti di poter tornare a “casa” in poche ore di volo.
Non pensi mai che rimarrai lontano per molti mesi, che sarai costretto a trascorrere il Natale lontano dagli affetti, che non abbraccerai i tuoi genitori, fratelli, sorelle, amici per tanto tempo contro la tua volontà.Eppure tutto questo è successo e sta succedendo.

Questo Natale è davvero un Natale diverso, speciale forse. Un tempo difficile, per certi versi pesante, sicuramente denso di significati ed emozioni probabilmente diverse da quelle che ci si aspetta da un Natale normale. Ma forse è proprio questa l’occasione per riscoprire il vero senso di questo momento dell’anno, un periodo che celebra la luce che cerchiamo e ritroviamo nel buio dell’inverno.

Che siamo credenti o no, questa è la festa in cui celebriamo quel divino che ci circonda e che possiamo riscoprire intorno a noi, nella semplicità di ciò che diamo per scontato ogni giorno e dentro di noi nella riscoperta della nostra vera essenza.
Forse quest’anno lontano dalle cene forzate, dalle domande indiscrete e dai finti sorrisi, dalla fretta dei regali a tutti i costi, dalla felicità mimata abbiamo l’occasione di riscoprire il vero senso di questa festa nella riscoperta della luce che giace dentro di noi in attesa di poter essere portata nel mondo.

Tanti anni fa lessi una storia che parlava di una farfalla che stava uscendo dal bozzolo.
Un uomo che passava da lì la vide affaticata nello sforzo di uscire e, nel tentativo di aiutarla, cercò di facilitarle il lavoro allargandole un po’ l’apertura del bozzolo.

Sfortunatamente la farfalla non fu mai capace di volare. Ciò che quell’uomo non sapeva è che lo sforzo per uscire dal bozzolo era ciò che serviva alla farfalla per rinforzare le sue ali e permetterle di volare.

Sarà un Natale strano quello che ci aspetta. Pensavo sarebbe stato diverso solo per chi, come me, è rimasto lontano e invece oggi penso che siamo chiamati tutti, in qualche modo, a trovare una nuova forza per vivere questo tempo che ci mette alla prova.

Come nella storia della farfalla la tentazione di essere sollevati, di sottrarci ai momenti di difficoltà è forte, ma è proprio nei momenti più bui che possiamo allenare le nostre capacità interiori e rinforzare così le nostri ali rendendole forti e pronte a farci volare.

In questo tempo difficile e delicato per tutti, proviamo a concentrarci sulle nostre risorse senza soffocare il dolore e la fatica che fanno parte di questo momento, ma anzi rendendo la sofferenza, che tutti stiamo vivendo, un campo fertile per far nascere nuove consapevolezze.

Come?
Prendendoci cura di noi!

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Pregi e difetti non esistono

by Romina Rubino 27/03/2021
written by Romina Rubino

Sì, avete letto bene. Pregi e difetti non esistono.
L’abitudine a categorizzare tutto il termini di positivo e negativo è rassicurante, ma quando lo facciamo finiamo per pagare un prezzo alto: semplifichiamo molto la realtà al punto da perderne la ricchezza, la sua complessità.

Ciascuno di noi è dotato di caratteristiche e anche quelle che siamo abituati a pensare come difetti possono invece diventare dei punti forza. Un po’ come se ciascuno di noi avesse una spada: se non sappiamo come maneggiarla, per cosa utilizzarla finiremo per farci del male, per ferirci. Ma se siamo consapevoli di avere a disposizione uno strumento ecco che, dopo aver imparato a gestirlo, possiamo utilizzarlo come una risorsa per difenderci, per sentirci protetti, per farci strada nella foresta della vita.

E allora si tratta solo di riconoscere le proprie caratteristiche e imparare a maneggiarle trasformando così le proprie potenzialità.

Ci avevate mai pensato? Quali sono gli strumenti che sentite di a vere a disposizione e che necessitano di essere riconsiderate sotto questa prospettiva?

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Se vuoi puoi (o forse no?)

by Romina Rubino 27/03/2021
written by Romina Rubino

Sei stanco, appesantito da un anno complesso, sovraccarico dalle tante emozioni da gestire.
Leggi frasi motivazionali, elenchi di strategie per sfruttare al massimo il tempo e per essere super produttivo spremendo le giornate fino all’ultima goccia all’urlo di “Se vuoi puoi!” (e quindi se non riesci indovina di chi è la colpa?) MA tu, semplicemente, non ce la fai.

Non ti va di fare niente, ti senti triste e le foto delle famiglie perfette del Mulino Bianco, delle tavolate bellissime e degli amici sempre “sul pezzo” scatenano il paragone con la tua di vita, che al confronto sembra vuota e senza senso. Oggi, con l’avvicinarsi della fine dell’anno e dei famosi bilanci vorrei dire che no, non dipende solo da noi se le cose vanno o non vanno in un certo modo!

Siamo fatti di ragione, volontà, impegno *gestibili*, ma anche di emozioni, vulnerabilità, vissuti *non controllabili*.
L’inconscio è un mondo sottomarino che detta le regole profonde di chi siamo e di chi possiamo essere: un po’ come le maree, non possiamo fermarle, ma quando sappiamo che esistono possiamo sfruttarne l’energia.

Chiunque vorrebbe realizzare i propri sogni, chiunque vorrebbe essere felice, se non ci siamo riusciti *ancora* non è perché ci siamo impegnati poco, ma forse perché regole profonde di cui non siamo consapevoli e che sono fuori dal controllo della volontà dettano un copione inconscio diverso per noi.

Tutto ciò che diciamo di volere (razionalmente) e poi non si realizza ci dice qualcosa dello stato attuale del nostro mondo interno.Quando vi fermerete per qualche secondo a chiedervi cosa avete fatto quest’anno, come avete sfruttato il tanto “tempo libero” a disposizione, quali grandi obiettivi (non) avete raggiunto, ricordatevi che quest’anno nel tempo libero abbiamo gestito una pandemia!

Cerchiamo di tenere a bada la voce dalla Parte Critica e attivare la nostra Parte Adulta, saggia e compassionevole.

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La solitudine

by Romina Rubino 27/03/2021
written by Romina Rubino

Se c’è un tema presente come un filo rosso in tutti i percorsi di terapia è sicuramente quello della Solitudine.
Per chi vive in una grande città come Londra soprattutto se italiano e quindi lontano dalla propria cultura, dal calore della famiglia e dal supporto degli amici di sempre, la solitudine diventa un tema centrale e urgente da affrontare.

In realtà, a prescindere da dove viviamo, la solitudine spesso è vissuta come uno stato doloroso da cui sentiamo di doverci allontanare, che vogliamo evitare a tutti i costi perché ci punge nel profondo, ci spinge ad un confronto crudo e senza filtri con noi stessi.

Vasco Rossi in una vecchia canzone diceva: “Quando c’ho il mal di stomaco con chi potrei condividerlo?”, un modo efficace per ricordarci che nelle situazioni più importanti, significative della vita siamo soli. Quando stiamo male, ma anche quando siamo molto felici, quando abbiamo paura e quando troviamo il coraggio di andare oltre un nostro limite, l’altro può starci accanto ma profondamente siamo soli con noi stessi.

In una società individualista ed egocentrica in cui spiccare, essere speciali ed unici è un valore, viviamo il paradosso di sentirci soli, sempre virtualmente “connessi” col mondo ma spesso profondamente disconnessi da noi stessi e dalle relazioni autentiche.
La solitudine diventa allora un modo per difenderci, un buco buio e scomodo, ma strategico per tenerci lontani dalla sofferenza delle relazioni che non vanno come vorremmo e allora “se non sono amato come mi aspetto, meglio che me ne stia da solo!”.

La solitudine però, lungi dall’essere solo una modalità difensiva, o uno stato di isolamento che taglia fuori l’altro, può essere invece tempo e luogo terapeutico per stare con le nostre emozioni (anche quelle più dolorose), può diventare raccoglimento, cioè occasione per integrare pensieri e vissuti ed imparare, esperienza dopo esperienza, a farci compagnia… anche da soli.

Prova a sperimentare la solitudine, tipica di questo periodo, come una risorsa nuova per conoscerti meglio nel profondo. Durante questa settimana: ritagliati piccoli spazi di solitudine e, cercando di andare oltre la prima fase di paura ed impazienza, prova ad appuntare quali sono le sensazioni e i pensieri che emergono.

In questo video riflettiamo su:
La differenza tra stare soli e sentirsi soli.
La paura della solitudine
Cosa ci spinge a diventare “lupi solitari”
Gli effetti benefici del saper stare da soli

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L’importanza di saper aspettare

by Romina Rubino 27/03/2021
written by Romina Rubino

Vi capita mai di ritrovarvi a sbuffare in fila fuori da un negozio o mentre siete in attesa al telefono?
Io spesso osservo i volti seccati dei guidatori fermi al semaforo rosso e mi viene sempre da pensare a quanta vita sprechiamo nel timore di non perdere tempo.

Quando iniziamo un percorso di terapia siamo chiamati a diventare “pazienti” in tutti i sensi: è uno dei primi temi che mi trovo ad affrontare quando, puntualmente (e comprensibilmente), un nuovo paziente mi chiede “quanto dovrò aspettare prima di vedere i primi risultati?”

La risposta è che non lo so, perché ogni percorso è un viaggio a sé e nessuno sa quanto lontano si può andare. Quello che invece so è che i cambiamenti profondi richiedono tempo e costanza, due caratteristiche preziose da coltivare, soprattutto in una società dominata dalla velocità e dalla gratificazione istantanea dei bisogni come la nostra.

Nessuno vuole perdere tempo, questa è la priorità assoluta per tutti. Ma perdere tempo e sprecare tempo sono due cose diverse. Concentrare l’attenzione solo sui momenti di attività e produttività e rifiutare quelli di attesa rischia di farci perdere il senso di ciò che facciamo e soprattutto di chi siamo.

Saper attendere ci permette di coltivare sogni importanti e ci aiuta a raggiungere risultati duraturi e profondi: un po’ come il bruco che si trasforma in farfalla solo dopo un lento, discreto processo di metamorfosi che passa inevitabilmente attraverso una fase di attesa che è preparatoria all’esplosione della vita. 🦋

In questo video parliamo della capacità di saper aspettare e quanto possa essere importante in una società dove la velocità e la produttività sono considerati dei valori.

Parliamo di FOMO, una forma d’ansia che molti hanno e di cui non sono consapevoli e della differenza tra perdere tempo e sprecare il tempo.

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Il cambiamento

by Romina Rubino 27/03/2021
written by Romina Rubino

Questa settimana vi propongo di leggere “Autobiografia del cambiamento in cinque brevi capitoli” di Portia Nelson.

Si tratta di un racconto che utilizzo spesso durante le terapie per “sfatare il mito” del cambiamento che avviene in modo lineare. Siamo infatti abituati a pensare che il cambiamento sia semplice, progressivo e veloce. Però non è sempre così! Il cambiamento può richiedere tempo e può anche portarci a “ricadere” negli stessi errori finché non impariamo ad evitarli del tutto.

“Autobiografia del cambiamento in cinque brevi capitoli” (Portia Nelson)

I

Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Ci cado.
Sono persa… Sono impotente.
Non è colpa mia.
Ci vorrà un’eternità per trovare come uscirne.

II

Cammino per la stessa strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Fingo di non vederla.
Ci ricado.
Non riesco a credere di essere nello stesso posto.
Ma non è colpa mia.
Ci vuole ancora molto tempo per uscirne.

III

Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
Vedo che c’è.
Ci cado ancora… è un’abitudine.
I miei occhi sono aperti.
So dove sono.
E’ colpa mia.
Ne esco immediatamente.

IV

Cammino per la strada.
C’è una profonda buca nel marciapiede.
La aggiro.

V

Cammino per un’altra strada.

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Pensare a se stessi è un atto di altruismo

by Romina Rubino 27/03/2021
written by Romina Rubino

Oggi riflettiamo insieme su questa frase: “Pensare a se stessi è il più grande atto di altruismo che possiamo fare.” Cosa avete pensato mentre la leggevate? Vi è sembrato strano leggere altruismo? Forse sì, perché è comune (erroneamente) pensare che prendersi cura di sé sia un atto di egoismo. Almeno una volta nella vita immagino che abbiate detto “devo diventare più egoista e pensare solo a me”.

Eppure è esattamente il contrario! Vivere una vita non da protagonisti, senza tenere conto di sé e dei propri vissuti ed emozioni, può avvelenare ogni relazione. Finiremo per odiare l’altro perché la sua presenza non ci permette di essere noi stessi. Per questo è meglio dire di no quando non ci va di fare qualcosa… perché, anche se può sembrare paradossale, è proprio quel no che sta proteggendo la vostra relazione!

Dicendo di no siamo davvero noi, protagonisti della nostra vita, che esistiamo nella coppia. Mentre dire di sì per aver paura di dire di no ci porta a scomparire lentamente in una relazione, essere finti e non offrire all’altro la nostra vera presenza ed essenza.

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body shamingil corpo delle donnestereotipi di genereUncategorized

“Sei brutta, vergognati!”: body shaming e stereotipi sulla bellezza

by Romina Rubino 31/08/2020
written by Romina Rubino

Armine Harutyunyan è una ragazza di 23 anni e di lavoro fa la modella.

Collabora con Gucci che in questi giorni l’ha inserita nella lista delle 100 modelle più sexy del mondo, scatenando un vero e proprio inferno di commenti sessisti e offensivi.

La modella originaria di Yerevan, in Armenia, era già finita al centro dell’attenzione a Settembre 2019 quando ha sfilato a Parigi sempre per Gucci per la famosa Fashion Week.

Mentre la sfilata di Parigi, i cui abiti erano ispirati alle malattie mentali, poteva essere un’occasione per aprire un dibattito su questo tema delicato, è stata invece la comparsa della modella a causare una tempesta mediatica.

“Ma è almeno una donna?”

“Voi ci uscireste fuori a cena?”

“Come si può stare con una così?”

Questi i commenti di uomini, ma anche di moltissime donne, sotto alcune delle sue foto.

La sua colpa? Non essere conforme agli stereotipi di bellezza a cui ci hanno abituati.

Ma davvero la bellezza deve essere fatta per forza e solo da corpi longilinei e statuari e visi dai lineamenti armonici?

Il pregiudizio sulla bellezza e l’offendere l’altro per il suo aspetto fisico non conforme alla “norma” è un fenomeno conosciuto col nome di Body Shaming.
Di questo è stata vittima la modella che, insieme a Gucci, non ha risposto alle provocazioni. In cambio è rimasta per giorni sulle prime pagine di tutti maggiori siti e non solo quelli che si occupano di moda.

Alessandro Michele, attuale direttore creativo di Gucci, sta cercando di cambiare questa idea di bellezza convenzionale, scegliendo modelle “fuori dagli schemi” a cui siamo abituati. Un modo per spingerci a riflettere sul concetto di bellezza e su come valutiamo gli altri e noi stessi.

Il modo in cui trattiamo gli altri infatti, è un riflesso di come trattiamo noi stessi interiormente.
Il body shaming, l’abitudine di criticare se stessi e gli altri per l’aspetto fisico, può portare a un pericoloso circolo vizioso di giudizio e auto-critica.

Hai mai pensato a quanto spesso ti viene detto di cambiare la tua immagine? I giornali ci offrono consigli su come perdere peso in pochi giorni, apparire immediatamente più magri e nascondere le “imperfezioni” senza sapere niente di noi e ancora meno del nostro aspetto fisico.

Valentina Ferragni, sorella dell’influencer Chiara Ferragni, è stata una tra le tante vittime di body shaming su Instagram dove ha risposto alle accuse degli haters (letteralmente “odiatori”, detti anche “leoni da tastiera”) con queste parole:

“Continuo a ricevere messaggi (privati e pubblici) in cui mi si “vieta” di mostrare il mio corpo perché “faccio troppo schifo” – ha scritto sul social – e per decenza pubblica dovrei evitare. Allora manco al mio peggior nemico direi mai cose di questo genere e ovviamente lo si fa solo per far sentire la gente di merd*, per farla sentire piccola e sminuirla; e indovinate chi me l’ha scritto? Guarda caso una ragazza.”

Si tratta di chiari esempi di body shaming, un fenomeno che possiamo trovare ovunque.

Nei telefilm, per esempio, molto spesso i personaggi sovrappeso sono oggetto di battute.

È una delle prime cose che si commenta quando incontriamo una persona che non vedevamo da tempo, o una donna incinta o che ha appena partorito: “È ingrassata!”, “Quanti kili ha preso durante la gravidanza?”.

È diventata la norma giudicare e criticare una persona per il suo corpo.

Il Body shaming si può manifestare in diversi modi infatti:

  • Criticando il tuo aspetto fisico, attraverso giudizi o paragonandoti ad altre persone (per esempio: “Sono così brutta in confronto a lei”, “Vorrei fare l’operazione per cambiare il mio naso”)
  • Criticando l’aspetto fisico degli altri di fronte a loro (per esempio: “Con quelle cosce non troverai mai nessuno”, “Sei troppo magra, sembri malata”)
  • Criticando gli altri alle spalle (per esempio: “Hai visto cosa si è messa quella? Sembra una balena.”, “Se uno è grosso non dovrebbe vestirsi così”)

Non importa in che forma si manifesti, il body shaming ci porta al confronto continuo con l’altro e alla vergogna e alimenta l’idea le persone dovrebbero essere giudicate sopratutto per le loro caratteristiche fisiche.

Che impatto ha questa ossessione per il corpo su di noi? E quali possono essere le conseguenze sugli adolescenti (che notoriamente attraversano una fase delicata nel rapportarsi con i cambiamenti del proprio corpo)?

Questo è un problema che colpisce maggiormente le donne perché culturalmente l’immagine femminile, il corpo soprattutto, è oggetto di commenti di ogni tipo. I giornali per esempio tendono a soffermarsi quasi sempre sui dettagli fisici delle donne famose e non.

Che si tratti della scienziata che ha vinto un premio prestigioso, di una giornalista che presenta un telegiornale o di una vittima di violenza, le notizie che riguardano le donne comprendono molto spesso un commento, positivo o negativo che sia, su come sono vestite o sulla forma del loro fisico.

Nel mio studio sono ormai abituata ad ascoltare le ansie sull’aspetto fisico di ragazze di ogni tipo, convinte di non essere abbastanza, ossessionate dal peso, preoccupate di dover affrontare gli occhi curiosi e giudicanti di amici e parenti che dovranno rivedere.

Si tratta di ragazze e donne comuni, spesso in carriera, intelligenti e con diverse esperienze di vita alle spalle. Eppure tutte hanno in comune questo senso di insicurezza verso il proprio corpo, tutte si sentono in difetto almeno rispetto ad una caratteristica del proprio aspetto fisico.

Come psicologa italiana a Londra, noto che la preoccupazione per l’aspetto fisico è molto più accentuato tra le ragazze italiane. Ho iniziato allora a fare attenzione ai messaggi lanciati in tv (oltre a quelli sui social) e ciò che mi ha colpito guardando qualche trasmissione italiana è lo stereotipo della bellezza. Non c’è diversità, le modelle sono tutte uguali: capelli lunghi, prevalentemente lisci con qualche onda, corpi magrissimi: l’unica forma fisica rappresentata (perché in natura ne esistono diverse!) è solo quella longilinea e con poche forme.

Sugli stereotipi del corpo femminile ci sarebbe molto da scrivere (e mi propongo di farlo prossimamente). C’è un motivo storico per cui dobbiamo non piacerci. C’è un piano di marketing ben studiato per farci sentire sempre in difetto, arricchendo così le tasche di chi vende prodotti “di bellezza” (come se la bellezza si potesse comprare).

Stereotipi che però paghiamo a caro prezzo, non solo in termini generali perché viviamo male, ma anche come società.

Certamente le modelle senza un filo di grasso né di cellulite (apriremo un capitolo a parte sull’invenzione della cellulite come malattia), sono stereotipi, modelli irraggiungibili, per le persone comuni.
Spesso, il confronto di sé con immagini di questo tipo innesca – insieme ad altri fattori – disturbi psicologici anche gravi come la bulimia e l’anoressia.

Da questo tipo di visione deriva l’incalzante crescita dei disturbi alimentari che colpiscono sopratutto le ragazze:

“Tutti i disturbi dell’alimentazione sono più frequenti nella popolazione femminile che in quella maschile: negli studi condotti su popolazioni cliniche, gli uomini rappresentano il 5-10% di tutti i casi di anoressia nervosa, il 10-15% dei casi di bulimia nervosa.

L’incidenza dell’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi.

Per quanto riguarda la bulimia nervosa ogni anno si registrano 12 nuovi casi per 100mila persone tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100.000 persone in un anno tra gli uomini.”

(Fonte: http://www.salute.gov.it/portale/donna/dettaglioContenutiDonna.jsp?lingua=italiano&id=4470&area=Salute%20donna&menu=patologie)

Qui a Londra infatti l’attenzione verso questa tematica è molto forte. Recentemente il sindaco Sadiq Khan ha vietato tutti i manifesti pubblicitari sui mezzi pubblici che minano l’autostima delle persone.

Immagini di modelle magrissime e perfette esercitano una pressione fortissima negativa sulle ragazze sopratutto più giovani perché si conformino alla regola.

Khan ha detto: “Come padre di due adolescenti, sono estremamente preoccupato per questo tipo di pubblicità che sminuisce le persone, in particolare le donne, e le spinge a vergognarsi dei loro corpi”.

Per questo ha fatto rimuovere una pubblicità che per pubblicizzare prodotti dimagranti chiedeva: “Il tuo corpo è pronto per la prova costume?”

Questo tipo di stereotipi sono negativi anche per la popolazione maschile: se da un lato riduce la donna al suo corpo trattandolo come un oggetto, dall’altro innesca nella mente degli uomini dei meccanismi di confronto tra le modelle e le partner della vita reale che – sempre insieme ad altri fattori – possono scatenare frustrazione, insoddisfazione e addirittura crisi nei rapporti di coppia.

Per dirvi quanto seriamente è trattato questo tema qui, il sindaco ha intenzione di affidare a una commissione di vigilanza sulle pubblicità che opererà la censura delle immagini  che promuovono stereotipi  che possono ferire i sentimenti delle donne che girano per Londra.

Vorrei concludere (per ora) con un pezzo del toccante monologo di Vanessa Incontrada, anche lei vittima di Body Shaming:

“A volte vorrei parlare alla Vanessa di 20 anni fa e darle un piccolo consiglio: Vane smetti di voler essere diversa da quello che sei perché tanto la perfezione non esiste.
Io volevo diventare ciò che non sono, tutti mi volevano diversa. Ma tutti chi?
Ho perso tempo a cercare di essere giusta dimenticandomi di essere felice. Se fossi nata negli anni Trenta o Cinquanta quando il modello femminile era morbido sarei stata perfetta, però io vivo nel Duemila e avere le forme è ritenuto sbagliato.”

Nel 2020 essere incoraggiati a sentirsi sbagliati per il proprio corpo non è più tollerabile!

(Il video integrale del Monologo di Vanessa Incontrada)

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